Sin dall’alba dei tempi l’uomo ha dimostrato grande rispetto nei confronti dei defunti, per i quali ha sempre praticato appositi rituali di sepoltura.
Il rito funebre, presso la maggior parte delle culture, si svolge tipicamente alla presenza di una pluralità di persone e spesso è presieduto da un’autorità di riferimento sociale, come ad esempio i ministri del culto.
Il rito assolve spesso ad alcune funzioni sociali, che non sono tuttavia riscontrabili sempre ed in egual misura nei vari gruppi etnici e sociali:
- l’ufficializzazione alla comunità della dipartita
- il richiamo a specifiche concettualità etiche o religiose della comunità di appartenenza
- il giudizio sul defunto
- l’espressione di solidarietà alla famiglia
Gli usi e le tradizioni relative a tale evento variano secondo il luogo, la fede religiosa o il desiderio del defunto e dei suoi congiunti.
Il termine deriva dal latinofunus.
Non è chiaro il collegamento con la parola funerale, avendo riscontrato tre differenti teorie: la prima indica che ai tempi degli antichi Romani i defunti venivano sepolti al lume di torce fatte di funi ritorte e intrise di pece, dette “funalia“;
una seconda afferma che l’origine deriva dal fatto che i defunti venivano sepolti in cavità sotterranee e calati con funi;
e poi ancora una terza teoria per la quale il termine deriva da “fumus“, fumo, collegandosi con la pratica di cremazione in uso in quelle epoche.
Abbiamo tracce di riti funebri e di monumenti risalenti ad almeno 80.000 anni fa.
Per molti paleoantropologi una delle prime tracce di sepoltura è quella del sito archeologico di Sima de Las Palomas, a Murcia, nel sud-est della Spagna, che risale ad un periodo molto lungo compreso tra i 130.000 ed i 40.000 anni fa.
Nelle grotte dello Shanidar, in Iraq, sono stati scoperti degli scheletri di Neanderthal coperti da un caratteristico strato di polline: ciò ha suggerito che nel periodo di Neanderthal i morti potessero essere sepolti con un minimo di cerimoniale floreale.
Gli antichi Egizi credevano fermamente nella vita ultraterrena e per questo avevano sviluppato una serie di riti molto complessi che consentiva loro la prosecuzione della vita oltre la morte.
Per vivere nell’Aldilà era necessario preservare il corpo del defunto attraverso la mummificazione, per consentire all’anima di vivere nel corpo imbalsamato.
Nel mondo elladico, parliamo del 1.500, 1.000 avanti Cristo gli Acheo-Micenei conobbero i due sistemi di sepoltura che ancora oggi sono praticati in mezzo mondo: la cremazione e l’inumazione.
Secondo la forma del rito Omerico il defunto, prima di essere cremato, riceveva come offerta propiziatoria alcuni capelli che ogni parente o amico si strappava dal capo: acceso il fuoco, i parenti più prossimi stavano a sorvegliare sino a che tutto si fosse ridotto in cenere.
Anche gli Etruschi credevano che esistesse l’aldilà, localizzato in un mondo sotterraneo abitato da divinità infernali e dagli spiriti di antichi eroi e praticavano sia la cremazione che l’inumazione.
Nel caso di cremazione le ceneri venivano poste in canopi, vasi di terracotta che rappresentavano il corpo del defunto.
Il coperchio del vaso aveva spesso le sembianze della testa e del viso del defunto.
L’espressione massima del canopo era la statua cineraria con testa e busto, che poteva rappresentare l’effigie del defunto o qualche altra divinità protettrice.
Nell’antica Roma, il maschio più anziano della casa, il pater familias, veniva chiamato al capezzale del moribondo, dove aveva il compito di raccogliere l’ultimo alito vitale di chi si trovava in agonia.
I funerali delle persone eccellenti venivano normalmente affidati a professionisti, veri e propri impresari di pompe funebri chiamati “libitinarii”.
Nessuna descrizione diretta dei riti funebri è giunta fino a noi, comunque è dato supporre che, generalmente, comprendessero una processione pubblica alla tomba (o alla pira funeraria, sulla quale il corpo veniva cremato).
Di tale corteo val la pena notare soprattutto che talvolta i partecipanti portavano maschere con le fattezze degli antenati del defunto.
Il diritto di portare tali maschere era concesso per lo più a quelle famiglie tanto prominenti da aver ricoperto magistrature curili.
Al termine della processione, quando il corteo giungeva nel Foro, veniva pronunciata la laudatio funebris del defunto.