“Che la terra ti sia lieve”: non è raro incontrare questa espressione quando si leggono pensieri e omaggi per una persona scomparsa, anche sui social, dove siamo ormai abituati ad incontrare fotografie con descrizioni per ricordare chi non c’è più.
Ma esattamente da dove deriva questo modo di dire e cosa significa?
L’origine e il significato dell’espressione “Che la terra ti sia lieve”
Questa locuzione ha origini molto antiche, infatti “Che la terra ti sia lieve” deriva dalla frase in latino “Sit tibi terra levis” ed inizialmente veniva utilizzata dai pagani. Non è raro trovarla incisa sui monumenti funebri latini o greci come premuroso ossequio per il defunto. Proprio per l’ambito da cui nasce, l’origine della locuzione ha a che fare con l’immagine a cui rimandano le parole stesse, quindi il peso della terra sul corpo del defunto, che dà a chi ne piange la perdita un senso di angoscia e di oppressione.
In un certo senso si può trovare una somiglianza con il saluto utilizzato in ambito cristiano “Requiescat in pace“, tradotto in italiano con “Riposa in pace”. Tuttavia, esiste una sostanziale e imprescindibile differenza. Nel saluto pagano non si sottintende in alcun modo alla fede cristiana e in una vita dopo la morte, in una vita eterna. La religione cristiana, come sappiamo, vede nel giorno della morte un momento di nascita, infatti i cristiani usavano chiamare quel giorno “dies natalis“, ossia “giorno della nascita”, ad indicare proprio l’inizio della vita eterna nel Regno dei cieli.
La locuzione “Che la terra ti sia lieve” è utilizzata soprattutto da quanti desiderano porgere un saluto laico al defunto, lontano da ogni significato di tipo religioso.
Oggi questa frase è molto diffusa ed esula anche dal suo significato letterale, diventando semplicemente uno dei tanti modi per dedicare un ultimo saluto alla persona scomparsa.
Che la terra ti sia finalmente lieve di Alda Merini
Io non ho bisogno di denaro.
Ho bisogno di sentimenti,
di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino all’ orecchio degli amanti.
Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.
(Alda Merini, Terra d’Amore, 2003)
La poetessa si è ispirata proprio alla locuzione “Che la terra ti sia lieve” per comporre questa poesia densa di significato. Chi conosce anche solo qualche accenno della biografia di Alda Merini saprà che è stata costellata di sofferenze e tragedie ed è stata segnata da una profonda cicatrice, quella del lungo periodo trascorso in manicomio.
Poetessa fuori dagli schemi, cruda, che non si è mai tirata indietro davanti ai divieti imposti da una cultura che voleva la donna ingabbiata entro le quattro mura casalinghe, la donna ha partorito versi forti, che all’epoca rappresentavano una sporcatura, una macchia nera su un quadro bianco e che invece oggi celebriamo e leggiamo con la consapevolezza che rivolgersi alla massa degli esclusi, dei pochi era un compito che poche, delicate e ferree personalità sono riuscite a realizzare.
Che la terra ti sia lieve.
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